Le nuove frontiere delle intercettazioni digitali: tra garanzie costituzionali e sfidetecnologiche

di Avv Emanuele Fierimonte – Presidente del Centro Studi per la Giustizia e le Istituzioni.

L’evoluzione tecnologica ha rivoluzionato la comunicazione privata, spostandola su piattaforme digitali criptate che garantiscono livelli di riservatezza senza precedenti. Questa trasformazione, se da un lato tutela la privacy degli utenti, dall’altro pone inedite difficoltà per l’attività investigativa e per il diritto processuale penale. Il presente contributo analizza le nuove tecniche di intercettazione, i limiti costituzionali e le sfide probatorie connesse all’utilizzo dei dati digitali provenienti da app di messaggistica istantanea, offrendo alcune proposte per un equilibrio sostenibile tra esigenze di giustizia e tutela dei diritti fondamentali.

  1. Un mondo che comunica in codice
    Negli ultimi anni, la comunicazione privata si è spostata sempre più verso piattaforme di messaggistica come WhatsApp, Telegram, Signal, iMessage o Messenger.
    Questi strumenti, grazie alla crittografia end-to-end, garantiscono che solo mittente e destinatario possano leggere i messaggi scambiati.

Se per i cittadini ciò rappresenta una conquista di libertà, per le autorità inquirenti costituisce una nuova frontiera investigativa, che impone di ripensare tecniche, regole e garanzie.

  1. Intercettazioni e nuovi limiti tecnici
    Le intercettazioni tradizionali, basate su linee telefoniche o server centralizzati, non sono più sufficienti a fronte di comunicazioni criptate e decentralizzate.
    Le indagini moderne si affidano dunque a strumenti tecnologici come:
    • captatori informatici (trojan), installati sui dispositivi per registrare comunicazioni prima della cifratura;
    • acquisizioni forensi dirette di dati da smartphone e cloud;
    • richieste transnazionali di cooperazione giudiziaria ai provider esteri.

Questo mutamento segna il passaggio da una logica di intercettazione passiva a una logica di intrusione attiva, con rischi significativi per la privacy e la proporzionalità dell’intervento.

  1. Le garanzie costituzionali in gioco
    L’art. 15 della Costituzione tutela la libertà e la segretezza delle comunicazioni, prevedendo che ogni limitazione debba avvenire con atto motivato dell’autorità giudiziaria.
    Analogamente, l’art. 8 della CEDU impone che ogni interferenza nella vita privata sia necessaria e proporzionata.

Tuttavia, i captatori informatici e le nuove tecniche digitali espongono a rischi di sorveglianza generalizzata, difficilmente compatibili con tali principi se non rigorosamente circoscritti.
Il diritto alla riservatezza non può essere ridotto a mera concessione tecnica, ma resta un presidio essenziale di libertà costituzionale.

  1. L’utilizzabilità probatoria dei dati digitali
    Il valore probatorio delle informazioni raccolte da sistemi criptati dipende dalla tracciabilità, autenticità e integrità del dato. Perché la prova digitale sia utilizzabile, è necessario che:
    • sia rispettata la catena di custodia;
    • siano adottati protocolli tecnici condivisi di digital forensics;
    • la difesa abbia accesso pieno agli strumenti per il contraddittorio tecnico.

La fragilità di questi presupposti può compromettere la legittimità dell’intero procedimento probatorio.
Il principio di affidabilità e verificabilità della prova resta il cardine di ogni processo equo.

  1. Verso un nuovo equilibrio tra tecnologia e diritto
    Il diritto rincorre la tecnologia, ma oggi deve imparare anche a dialogarvi.
    La digitalizzazione delle indagini impone di abbandonare logiche emergenziali e costruire un sistema stabile di garanzie.
    Ciò richiede:
    • trasparenza nell’uso dei captatori e nella gestione dei dati raccolti;
    • controllo giurisdizionale effettivo sull’intera fase di intercettazione e conservazione;
    • formazione tecnica di magistrati, avvocati e forze dell’ordine.

La giustizia digitale deve essere governata dal diritto, non sostituirlo.

  1. Le proposte del Centro Studi per la Giustizia e le Istituzioni

Il nostro Centro Studi, nel solco di una visione di equilibrio tra sicurezza e diritti, formula alcune proposte di intervento normativo e istituzionale per il prossimo futuro:

1. Codificazione unitaria delle intercettazioni digitali
Creazione di una disciplina organica che regoli in modo chiaro l’uso di captatori, l’acquisizione da app criptate e la conservazione dei dati, con specifiche garanzie tecniche e procedurali.

2. Istituzione di un’Autorità di vigilanza tecnologica per la giustizia
Un organismo indipendente, composto da magistrati, tecnici informatici e rappresentanti del foro, incaricato di verificare la correttezza tecnica e la proporzionalità delle operazioni di sorveglianza digitale.

3. Standard tecnici e certificazione delle prove digitali
Introduzione di protocolli uniformi per la raccolta e l’analisi dei dati informatici, in modo da garantire tracciabilità, integrità e pieno contraddittorio difensivo.

4. Formazione interdisciplinare per operatori della giustizia
Promozione di corsi obbligatori di aggiornamento su informatica giuridica e prova digitale, destinati a magistrati, avvocati e ufficiali di polizia giudiziaria.

5. Dialogo istituzionale tra giustizia, università e imprese tecnologiche
Creazione di tavoli permanenti di confronto per aggiornare costantemente il diritto processuale penale alle evoluzioni tecnologiche, evitando interventi frammentari o emergenziali.

Conclusione
Le app di messaggistica criptata hanno ridefinito la comunicazione e con essa l’indagine penale.
Il compito del diritto non è inseguire la tecnologia, ma imbrigliarla entro confini di garanzia.

Solo un approccio istituzionale consapevole, che coniughi efficienza investigativa e tutela dei diritti fondamentali, potrà assicurare una giustizia capace di affrontare le sfide del digitale senza smarrire i principi dello Stato di diritto.